A mezzo dell’Ordinanza n. 11627 pubblicata il 30 aprile 2024, la Cassazione civile torna a confermare il proprio orientamento in materia di revisione dell’assegno divorzile ex art. 9 della L. 898/1970.
Secondo la richiamata pronuncia, costituisce motivo nuovo e sopravvenuto che legittima la revoca dell’assegno il consolidamento di una stabile convivenza da parte dell’ex coniuge beneficiario dell’assegno e questo anche allorquando tale stabile convivenza derivi da una relazione iniziata nel corso del giudizio di divorzio.
Nel caso trattato, il sopravvenuto consolidamento della stabile convivenza risultava acclarato anche alla luce degli accertamenti svolti da un’agenzia investigativa ed i Giudici di merito ritenevano venuta del tutto meno la componente relativa alla funzione assistenziale dell’assegno divorzile; assegno non dovuto neppure con riferimento alla sua “componente compensativa” stante la mancanza di prova da parte dell’ex moglie di aver contribuito alla comunione familiare.
Siffatta pronuncia si pone in linea con l’orientamento anche recentemente ribadito dalla Cassazione con la Sentenza n. 7257/2024, secondo cui viene ritenuta idonea la prova di una stabile relazione di convivenza ottenuta tramite il ricorso ad attività investigative; stabile convivenza che determina il superamento del precedente schema familiare, giustificando la irreversibile cessazione della funzione assistenziale dell’assegno.
L’Ordinanza in commento, Furthermore, statuisce che non è sufficiente a legittimare la pretesa di un assegno divorzile il solo mancato svolgimento di un’attività lavorativa, non essendo possibile “presumere, puramente e semplicemente che il non aver uno dei due coniugi svolto alcuna attività lavorativa sia da ascrivere ad una scelta comune dei coniugi e neppure che il non aver svolto attività lavorativa abbia di per sé sicuramente giovato al successo professionale dell’altro coniuge“.